Neuroscienze: Creduloni nati

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C’è un’ampia bibliografia di studi neuroscientifici che affermano l’esistenza di fondamentali adattamenti cognitivi che hanno generato, come sottoprodotti, la nostra inclinazione a credere al soprannaturale e alle superstizioni in genere.

Ora vediamo quali sono questi fondamentali adattamenti cognitivi e per quali ragioni biologiche si sarebbero sviluppati.

Gli  organismi biologici sono stati foggiati dalla selezione naturale per essere degli efficientissimi “rilevatori di causalità”. Efficientissimi, ma non accurati, siamo praticamente ossessionati dalle relazioni causali. Vi è capitato di scendere dal letto e indossare prima la ciabatta di sinistra e poi quella di destra e di godere poi di una giornata straordinariamente fortunata? E il mattino seguente aver pensato che sì i due eventi sono probabilmente casuali, ma, tutto sommato, valeva la pena riprovarci, indossando nuovamente prima la ciabatta di sinistra, poi quella di destra?! A questa ossessione per le relazioni causali si aggiunge la naturale predisposizione per le spiegazioni funzionaliste degli eventi; infatti, osservando i bambini gli studiosi hanno scoperto che essi tendono a concepire gli oggetti del mondo naturale come costruiti per uno scopo (pensiero teleologico), non fini a sé stessi, e manifestano questa tendenza in maniera indipendente da quello che gli adulti possono aver insegnato loro. Nell’età adulta nuovi sistemi di credenze causali, veicolati dall’istruzione e dalle conoscenze che si acquisiscono, possono sovraimporsi alle concezioni intuitive predisposte dalla nostra biologia, ma non possono eliminarle.

Come dice il neuroscienziato Giorgio Vallortigara nel suo saggio La mente che scodinzola, <<Sembra quindi esservi un’universale preferenza nella nostra specie a comprendere e spiegare il mondo in termini di scopi e funzioni, di agenti dotati di obiettivi e intenzioni.>>, anche se il rapporto tra due entità è perfettamente casuale e non determinato da alcuna intenzione o scopo.

Oltre alla predisposizione al pensiero teleologico, siamo dei “dualisti intuitivi” e degli essenzialisti.

Il dualismo intuitivo, connaturato alla nostra psicologica, riguarda la possibilità di trattare gli oggetti fisici come entità separate dagli oggetti mentali, rendendoci in grado di concepire corpi privi di menti e menti prive di corpo. I cadaveri, per esempio, sono oggetti che hanno posseduto una mente, che sono stati abitati dallo spirito e per questo meritano forme di rispetto, di commemorazione, sebbene ora lo spirito li abbia lasciati.

L’essenzialismo psicologico, infine, riguarda la natura interna delle cose, che definisce la loro identità e spiega le somiglianze tra membri della stessa categoria, e le cui proprietà tendono a trasferirsi da un corpo all’altro. Quante storie avrete letto sui trapianti di organi, sull’idea che qualcosa dell’espiantato, una qualche virtù o un qualche difetto, si possa trasferire nel trapiantato mediante l’innesto dell’organo?! I bambini sono essenzialisti da subito; pensare in termini essenzialistici fa parte del nostro retaggio biologico.

Pensiero teleologico, dualismo intuitivo ed essenzialismo psicologico sono tutti adattamenti cognitivi utili a non farsi sfuggire alcuna eventualità d’interpretazione e di anticipazione di comportamenti altrui, che potrebbero essere ostili.

Come scrive il Prof. Vallortigara, <<… la capacità di rilevare tracce di agentività e d’interpretarle è fondamentale. E il prezzo da pagare per tutto ciò, la nostra credulità, sembra tutto sommato, esser valso la pena.>>.

Cinzia Malaguti

Bibliografia:

G. Vallortigara, La mente che scodinzola. Storie di animali e di cervelli, Milano, Mondadori Università, 2013

V. Girotto, T, Pievani, G. Vallortigara, Nati per credere. Perché il nostro cervello sembra predisposto a fraintendere la teoria di Darwin, Torino, Codice Edizioni, 2008

P. Bloom, Il bambino di Cartesio. La psicologia evolutiva spiega che cosa ci rende umani, Milano, Il Saggiatore, 2005

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