Economia: Indice di Sviluppo Umano

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L’Indice di Sviluppo Umano (ISU) nasce nel 1993 per valutare la qualità della vita nei diversi paesi. L’esigenza di avere un indicatore di sviluppo non limitato alla semplice somma dei beni prodotti all’interno di un paese, qual è il PIL, diede il via allo studio di indici alternativi e più illuminanti.

Sulla strada verso l’elaborazione di un indice composito che esprimesse la crescita economica non solo come aumento del PIL, è stato determinante il contributo dell’economista indiano Amartya Sen, che ha ricevuto il premio Nobel nel 1998 proprio per i suoi studi nell’ambito dell’economia del benessere.

Il cuore delle teorie di Sen prevede, infatti, il superamento delle valutazioni del benessere effettivo e della qualità della vita delle persone basate semplicemente sui redditi e sui beni posseduti, cercando di puntare piuttosto all’ampliamento delle cosiddette capabilities individuali, cioè di ciò che le persone sono effettivamente in grado di fare o di essere. Secondo Sen, dunque, per misurare il benessere occorre tenere conto di tutte quelle dimensioni che concorrono ad influenzare le capacità degli individui di agire in modo libero e responsabile, individuando così tre capacità fondamentali che sono di vitale importanza per gli individui: la possibilità di vivere una vita lunga ed in buona salute, la possibilità di accedere all’istruzione, la possibilità di godere di uno standard di vita dignitoso.

Nella definizione dell’ISU vengono considerate esattamente le tre componenti fondamentali, basate sull’approccio delle capacità di Sen, più precisamente:

  • la salute, misurata attraverso l’aspettativa di vita alla nascita;
  • l’accesso alla conoscenza, misurato dal numero medio di anni che una persona di oltre 25 anni ha dedicato all’istruzione nella sua vita e dagli anni di istruzione totali previsti per un bambino di 5 anni;
  • lo standard di vita, espresso attraverso il PIL procapite, valutato in termini di parità di potere d’acquisto in dollari americani.

Ognuna di queste tre componenti viene sintetizzata in un indice e la media geometrica dei tre indici dà origine all’ISU, pubblicato annualmente nel Rapporto sullo Sviluppo Umano curato dall’UNDP.

Nel 2011 il rapporto è stato integrato con l’indice di diseguaglianza, con l’indice di diseguaglianza di genere e con l’indice multidimensionale di povertà, tuttavia esso ancora è carente, non considerando i problemi ambientali che tanta influenza hanno sulla qualità della vita attuale e futura; ne esce comunque un Report di grande interesse.

Volete conoscere i risultati dell’ultimo Rapporto sullo Sviluppo Umano?

Gli ultimi dati pubblicati si riferiscono all’anno 2012 e vedono ai primi cinque posti nell’Indice di Sviluppo Umano: Norvegia, Australia, Stati Uniti, Olanda e Germania, ma gli Stati Uniti sono al 16° posto nell’indice delle diseguaglianze e al 42° in quelle di genere, mentre l’Australia è al 17° in quelle di genere; Norvegia, Olanda e Germania, invece, sono in cima alla classifica in tutti gli indici.

L’Italia è al 25° posto nell’Indice che considera aspettativa di vita, istruzione e reddito (ISU), mentre è al 24° per le
diseguaglianze e all’11° per le diseguaglianze di genere.

C’è ancora da fare molta strada.

Cinzia Malaguti

 

Bibliografia:

P. Alessandrini, G. Bettin, M. Pepe, Viaggio nell’economia, Bologna, Il Mulino, 2013

G. Fuà, Crescita economica. Le insidie delle cifre, Bologna, Il Mulino, 1993

A. Sen, Lo sviluppo è libertà, Milano, Mondadori, 2000

M. Nussbaum, Crare capacità. Liberarsi dalla dittatura del PIL, Bologna, Il Mulino, 2012

 

 

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